Da Paracuru a Camocim, 260 km più a nord, sulla foce del fiume Coreau, nessuno può garantirti un passaggio, un orario né tanto meno la certezza della tua destinazione. Ad ogni modo, di buonora, conviene trasferirsi a bordo di un furgone nella poco distante città di Croata che se qualcuno andrà a nord lo farà da lì. Affogata nel caldo torrido già dalle prime ore del mattino, nella polvere e nella comprensibile indolenza di chi la abita la città somiglia un poco a quei villaggi di frontiera dove una volta che ci sei arrivato non sai più come uscirne. L'aria è quasi da Far West con i bar presi dalle mosche dove vecchi bruciati dal sole, con cappelli a tese larghe, fumano sigarette forti e sorseggiano succo di guaranà senza mai distoglierti lo sguardo di dosso. I piccoli tavoli da biliardo intorno ai quali giovani sfaccendati si giocano gli ultimi reais finiti fortunatamente nelle loro tasche, il mercato della carne secca, i venditori di scope, le spose gorde compresse nei loro abiti succinti, i garage postribolo e gli sbandieratori stanchi che anche in tempo di elezione se ne fregano di trasmettere il loro entusiasmo elettorale. Sulla strada infuocata i venditori di castagne di caju aspettano pazienti gli automobilisti di passaggio che improvvisano una sosta. Di tanto in tanto il silenzio è interrotto dal transito di vecchi Ford con i cassoni carichi di legname, frutta e bombole di gas.
In giornata, con l'ultimo servizio Guanabara, si sale verso nord attraversando gli aridi bassopiani del Sertao dove i mandriani sono più grassi delle vacche che conducono al pascolo e i villaggi non hanno più nemmeno un nome. Soltanto al tramonto si raggiunge la foce del fiume Coreau dove Camocim fronteggia le sabbie bianche dell'Ilha do Amor e i pescatori silenziosi riparano le reti.
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