venerdì 2 luglio 2010

Beirut ... quello che non ti aspetti


Ad Ovest Damasco si spegne senza preavviso. Finisce tutto lassù, le case, i palazzi, le baracche, il traffico e i giardini, e la strada, come un serpente d'asfalto infuocato, si arrampica su quelle che dapprima sembrano colline e poi montagne dove l'inverno cade anche la neve. L'Anti-Libano, come una dorsale appenninica, divide i due Paesi. Il confine è un passo di montagna dove se ti va bene, con meno di un' ora di formalità burocratiche e distinti saluti, sei dall'altra parte, altrimenti … si torna indietro. Tanto vale provare!
Ognuno attraversa la frontiera come può: chi a piedi, chi a bordo di vecchi pulmini-supposta divorati da ruggine e polvere, chi con taxi collettivi o autobus di linea. Sull'altro lato della carreggiata i camionisti, con l'anima in pace, fanno la fila incolonnati anche per qualche chilometro. Il tempo e la merce che trasportano sembra non avere importanza e molto spesso, nell'attesa, c'è chi allestisce un fornello e si prepara un caffè.
Se ci arrivi da Damasco, Beirut la scopri dall'alto. La intravedi, corteggiata dal mare, fra le case degli ultimi villaggi di montagna e boscaglie di sporadici cedri. La vedi allungarsi sulla costa e poi tornare indietro.
Avenue de Paris, lungomare … la cornice perché in fondo l'impressione è proprio quella di una macchia di acquerello stesa troppo in fretta. Le luci di Byblos e di Jounieh tremano nella notte, in lontananza, fino a scomparire dietro un piccolo promontorio oltre il quale si nasconde Tripoli.
Beiurt è un po' quello che ti aspetti e tutto ciò che non ti immagini. La ricostruzione si è mangiata almeno una quindicina di strade e deve averlo fatto molto in fretta, come un' improvvisa amnesia di belle favole e mattoni.
Avenue de Paris … è tutto un carosello di Suv, Porsche, Ferrari, Mercedes e BMW. La passeggiata è un salotto con gli spazzini che ti rincorrono anche per raccogliere una sola briciola di pane. I fusti delle grandi palme sono ingioiellati di lucciole al neon, e dall'altra parte della strada, dove la parata degli hotel a 10 stelle forma come una barriera, le terrazze dei nightclub guardano il mare.
Ci sono quartieri e blocchi di cemento alla moda dove tutti sembrano aver dimenticato tutto. Ras, Hamra (con il college americano e i suoi caffè), il Central District e la rappresentanza del lusso dove sembra di vivere in un outlet. Place d'Etoile e pochi passi più in là la solitudine dei martiri di bronzo che guardano il mare levando le braccia al cielo. Qui finisce l'Ovest e comincia l'Est con l'infame linea verde che per anni, come un muro di Berlino, ha diviso la città. Beirut va vista anche da dietro. L'esercito non la molla mai un istante. Ne presidia le strade in modo discreto come se dovesse accadere qualcosa da un momento all'altro. Gemmayez, le decadenti residenze francesi, le voragini colme di macerie, i palazzi abbandonati e le facciate senza intonaco con i fori di proiettile dove anche Rambo e Lilli Gruber non sapranno mai cos'è successo. Più lontano degli ultimi sobborghi, e ancora più lontano, i campi profughi dei 100.000.
Beirut è una cartolina in bianco e nero trafitta da un arcobaleno.

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